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In The Mood For Love

In The Mood For Love (花樣年華)
di Wong Kar Wai

Durata 98', Hong Kong, Francia, 2000.
Colore.

Ho rivisto il film In The Mood For Love del regista cinese Wong Kar Wai; credo per la terza volta. La prima volta in tv; una seconda volta in occasione dell'acquisto di una cassetta VHS. Il film è un capolavoro. Ho apprezzato moltissimo in questa terza visione, la struttura globale, la forma complessiva. Mi sembra di aver percepito quattro livelli distinti di rappresentazione cinematografica.


Un primo livello dato alla storia con i suoi personaggi, con i dialoghi, con alcune didascalie che vengono messe di tanto in tanto, a supporto del plot. Questo è il livello della propulsione narrativa. Un secondo livello, che possiamo chiamare pura musica, in cui viene rappresentato il tema principale del film, una melodia eseguita al violoncello, con accompagnamento di soli archi: archi pizzicati e archi suonati con archetto. A questo tema vengono associate immagini con differenti tecniche di ripresa, dalla panoramica al rallenty.


Questo livello di rappresentazione cinematografica ha due elementi principali, due elementi che emergono prepotentemente sugli altri: il rallenty e la musica. Non ci sono suoni ambientali, se non di tanto in tanto con sovrapposizioni molto lievi, come quello della pioggia, per esempio. Inoltre, quando questi suoni emergono nel contesto, essi miracolosamente contribuiscono a mantenere alto il grado di esteticità, anziché appiattire il messaggio cinematografico. Per una sorta di “chimica misteriosa delle particelle”.


Esteticità più vicina alle arti visive, alle arti figurative, alle arti plastiche, che non al cinema in quanto tale – ma la struttura complessiva dell'opera si avvicina di più alle forme della musica, un'arte del tempo proprio come il cinema. Dicevamo delle riprese. Esse sono di vari tipi. L'uso della macchina in questo secondo livello è straordinario: si passa dalla panoramica alla carrellata, al primo piano, al campo medio; non si fa uso di zoom, per quanto mi consta. La carrellata è molto usata. Carrellata molto morbida e lenta; associata, come dicevamo, sempre al rallenty.


Un terzo livello è dato da immissione di musiche; in genere di musica diegetica, radiotrasmessa o la cui sorgente – radio, giradischi (il film è ambientato in una Hong Kong dei primi anni '60) – è presente nell'inquadratura, in cui appunto la musica si sovrappone ai rumori ambientali, si sovrappone ai dialoghi, quando ci sono; questo livello sembra essere un innesto di “isole” all'interno della narrazione cinematografica. Non c'è propulsione narrativa. Anche qui, come succede nel secondo livello, ci sono azioni di vita quotidiana che tendono a caratterizzare i personaggi.


Un quarto livello, che mi sembra di aver individuato, composto più che altro di didascalie e quindi di notazioni tutte in cinese che diventano sempre più frequenti nell'ultima parte del film fino proprio a sfociare nei titoli di coda.


In tutto il film l'uso del colore, della luce, del fuoco, è assolutamente magistrale, ancora più rilevante se si pensa che nel 2000 Wong Kar Wai non aveva neanche 40 anni. L'uso della saturazione dei colori, la dominante di rosso, rosso acceso; il simbolismo è chiaro, si tratta di una storia d'amore. Ad ogni modo, la storia, il contenuto, appaiono secondari. Sembra più che altro una sovrapposizione di quadri... una seriazione di scene: ogni inquadratura, ogni singola inquadratura è sottoposta a un controllo severo, ma il flusso d'insieme risulta essere di una naturalezza commovente. L'uso della musica è semplice ma assolutamente efficace.

Donato DI PASQUALE © 2011

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