“C’era una volta un povero contadino chiamato Gambero, che aveva portato, con due buoi, un carico di legna in città e l’aveva venduta per due scudi a un dottore.”
Così comincia una delle più belle fiabe dei Fratelli Grimm. L’uomo, padrone di se stesso, che rischia e si autodetermina, più volte sarà baciato dalla fortuna. L’incontro col dottore è illuminante; il cibo, i vestiti eleganti, la bella casa, il sussiego, tutto ciò lo seduce profondamente, egli si misura su quel metro, riesce, con uno sforzo dell’immaginazione, a vedere una nuova dimensione e a collocarvisi, intuisce che ce la può fare e decide di dare una svolta alla propria esistenza. Ma non parte da solo, com’era uso fare nel giogo del duro lavoro ereditato dal padre e dal nonno. Ora, nelle nuove vesti, nel momento più delicato, quando si mette in gioco per la prima volta, porta con sé la compagna, autentico prototipo dell’amor coniugale. Semplicemente lei è lì e non fa nulla, pura presenza, suprema icona, effonde vibrazioni positive che nutrono il marito e i convitati, e innescano un meccanismo a orologeria, con un finale via via più concitato che non lascia scampo al male e ai suoi seguaci.
Si è scelta questa fiaba proprio per questi simboli così chiari e solari. C’è il riscatto dell’uomo dalla sua misera condizione, ma non c’è odio, non violenza, non sforzo apparente, non tensioni della volontà. Tutto sgorga dolcemente, come da una polla d’acqua. E’ la suprema forza del bene a vincere su tutto.
Testo e musica di Donato Di Pasquale.
Per voce narrante, basso buffo, tre attori e quattro strumenti.